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SPECIALE AUTO D'EPOCA Informazioni e curiosità per gli amanti della categoria.

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  #61  
Vecchio 20-07-2010, 01.04.31
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Cool Pomigliano..

ecco perchè la mia piccola mangia olio! non ha niente! é solo un difetto di gioventù. Cambiate le candele buttando via le lodge e tenendo sotto controllo l'olio va che è una meraviglia!Grazie doc E grazie Luis

Ultima modifica di amore33 : 20-07-2010 alle ore 01.11.55.
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  #62  
Vecchio 22-07-2010, 15.39.37
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Leggetevi questa intervista a Enrico Sala che racconta la nascita della crisi dell'Alfa Romeo
così eliminiamo questa credenza popolare che la Sud e Pomigliano hanno distrutto il Biscione!

Citazione:
«La morte dell' Alfa Romeo, il calvario di Arese, sono cominciati nel 1973». Non ha dubbi Enrico Sala, 75 anni, ex direttore commerciale dell' Alfa Romeo, in fabbrica dal ' 55 all' 80. Genero di Guseppe Luraghi (lui e Liliana Luraghi si sposarono nel ' 54) il mitico presidente della casa del biscione negli anni del miracolo economico, Sala è in grado di raccontare da vicino una storia che ha segnato il destino dell' azienda. Dottor Sala come mai l' Alfa sarebbe morta nel ' 73? Cosa accadde in quell' anno? «Tutto iniziò il 7 agosto. Luraghi era a Madonna di Campiglio quando mi raccontò di aver ricevuto una strana telefonata dalla Finmeccanica, il nostro azionista». Un' azionista pubblico, non è vero? «Sì, e come vedremo non si trattava di un dettaglio. A ogni modo la Finmeccanica disse a Luraghi che il Cipe aveva bocciato il nostro piano industriale che prevedeva 112 miliardi di investimenti ad Arese per il potenziamento della verniciatura. Luraghi mi disse: "è molto strano. Non riesco a capire il perché di questa cosa"». E poi scopriste cosa stava accadendo? «Altroché! Intanto quel "no" era la bocciatura dell' ampliamento di Arese: un errore grande così perché minava l' economicità dell' impianto. Ma in realtà si trattava semplicemente di un pretesto per affermare degli interessi politici. Come è raccontato nel libro di Rinaldo Gianola dedicato a Luraghi il siluro ad Arese arrivava da Ciriaco De Mita e Nino Gullotti, allora ministro delle Partecipazioni Statali». Cosa c' entra De Mita? «De Mita e Gullotti volevano che l' Alfa Romeo costruisse uno stabilimento nella zona di Avellino (la provincia di De Mita ndr) dove trasferire la produzione dell' Alfetta. Si trattava di una follia: spostare 70 mila vetture da Arese ad Avellino voleva dire perdere un mucchio soldi. E condannare la fabbrica milanese a lavorare in perdita». Non è che il Cipe voleva semplicemente evitare un buco nei bilanci del' Alfa? «Dal ' 61, l' anno in cui Giuseppe Luraghi arrivò alla presidenza dell' Alfa fino al ' 72 i bilanci furono sempre in attivo. E questo nonostante si facessero forti investimenti e robusti ammortamenti. Anche l' Alfasud di Pomigliano fu un successo. Nel ' 73 l' Alfa produceva 200 mila vetture, più della Bmw che ne produceva 182 mila». Ci furono altri segnali dei desideri dei politici? «Fu lo stesso Gullotti a dire a Luraghi che bisognava costruire un nuovo stabilimento in provincia di Avellino. Mentre il presidente dell' Iri Giuseppe Petrilli e i vertici della Finmeccanica cercavano di convincerlo a dirsi d' accordo con la costruzione della fabbrica in Irpinia. E poi a temporeggiare senza prendere impegni sui tempi del progetto». Perché Luraghi non accettò il compromesso? «Era convinto che in questo modo, come era già avvenuto per il centro siderurgico mai costruito di Gioia Tauro, si sarebbero create delle aspettative irrealizzabili nel Mezzogiorno». Come andò a finire? «Luraghi si rivolse a Fanfani spiegandogli le irragionevoli richieste dei politici che avrebbero portato l' Alfa alla rovina. Allora Fanfani prese il telefono e chiamò Gullotti davanti a Luraghi. Gullotti disse che tutto dipendeva dall' Iri di Petrilli che voleva costruire la fabbrica in Irpinia. Fanfani riattaccò e chiamò Petrilli che rispose addossando tutte le responsabilità su Gullotti... Fu uno squallido scaricabarili». Intanto nel novembre del 1973 si consumava la guerra del Kippur con la crisi energetica e le domeniche a piedi. «In quella situazione la fabbrica ad Avellino sarebbe stata una follia. Comunque a gennaio del '74 ci fu l' imboscata in consiglio di amministrazione: sette consiglieri fedeli alla Finmeccanica si dimisero a sorpresa estromettendo poi Luraghi dalla presidenza». Insomma, per lei Sala la morte dell' Alfa e lo smantellamento di Arese cominciano in quei giorni. Perché? «Insieme a Luraghi se ne andò quasi tutta la squadra: una ventina di dirigenti molto bravi e coesi che sarebbero stati sostituiti poco a poco da un nuovo management politicizzato, attento a non scontentare i partiti. Da allora l' Alfa Romeo cominciò a perdere sempre di più fino alla vendita alla Fiat». E poi si costruì anche lo stabilimento di Avellino, non è vero? «Si, ma venne costruito dopo un decennio per produrre l' Alfa Nissan. Fu un disastro: invece di 50 mila auto all' anno ne vennero fabbricate 23 mila. E dopo un paio d' anni la fabbrica venne chiusa. Per forza: la Nissan ci aveva dato la Cherry, una brutta auto che in Giappone non era più in produzione». E della vendita alla Fat cosa ne pensa? «Io ero favorevole alla Ford. Pensavo che in questo modo l' Alfa Romeo sarebbe diventata il marchio sportivo della Ford e che in questo modo avremmo salvato Arese e le altre fabbriche. Luraghi, no, lui preferiva la Fiat». Perché? «Luraghi temeva che con la vendita alla Ford sarebbe successo quello che sta accadendo in questi giorni. E cioè la fine dell' industria automobilistica nazionale e l' arrivo degli stranieri. Se penso che la Fiat ha comprato l' Alfa nel 1987 per soli 1.050 miliardi a tasso zero pagati in cinque anni a partire dal 1992... è stato un regalo: ci pensa? Ai tassi di quegli anni».
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