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ALFA ROMEO **I MODELLI** dal 1910 ai giorni nostri

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Predefinito Alfa Romeo V6 - Il Busso

Fonte http://it.wikipedia.org/wiki/Alfa_Romeo_V6_Busso

Il V6 Alfa nasce dalla necessità di adottare un motore di cilindrata e potenza maggiore per la ammiraglia sostituta dell'Alfetta, dal nome in codice "progetto 119" in seguito denominata Alfa 6, e anche in seguito alla continua crescita dimensionale delle vetture, perciò a tale scopo era necessario il passaggio ad un motore con architettura a 6 cilindri. Tuttavia l'esperienza maturata dalla casa durante gli anni cinquanta con il motore in linea a sei cilindri, che causava dei problemi torsionali dell'albero a gomito che limitavano il potenziale prestazionale del motore, suggerì di studiare un'unità con i cilindri disposti a V tra l'altro più compatto e facilmente installabile in un vano motore senza dover ricorrere a lunghi sbalzi anteriori della vettura che, a parità di lunghezza del veicolo, si sarebbero tradotti in riduzione dell'abitabilità longitudinale della vettura.

La compattezza del motore ne rese possibile, successivamente, l'utilizzo in posizione trasversale a partire dall'Alfa Romeo 164 in poi, equipaggiando successivamente anche le versioni di punta della Lancia Thema e, con distribuzione 24v, della Lancia K.

Il progetto del motore ebbe un breve periodo di stop nel 1974 a causa della crisi petrolifera - energetica, dopo la crisi il progetto fu rilanciato anche dall'esigenza di produrre berline nella fascia tra i 2 e i 3 litri di cilindrata; da qui nacque l'Alfa 6 nel 1978.


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La prima versione del V6

Il motore dell'Alfa 6 era un 6 cilindri a V di 60° di 2492 cc con un alesaggio di 88mm e una corsa di 68,3mm. Come già fatto in precedenza da Alfa, questa cilindrata era da base di partenza per motori più grandi e, infatti, dopo alcuni anni il propulsore crebbe sino a 3 litri.

La soluzione di disporre i cilindri a V di 60° era una via di mezzo tra un 6 cilindri in linea ed un V6 di 90°, infatti il motore risultava più corto del primo e più stretto del secondo mentre l'altezza del propulsore era nella media. Inoltre l'albero a gomiti del V6 poteva contare su un numero di vibrazioni ridotte rispetto ad un 6 cilindri in linea e perciò poteva girare ad un numero di giri più elevato. L'albero a gomito poggiava su quattro supporti.

Ecco cosa ricorda di quel periodo il progettista del motore:

« "Il V6 nacque per sostituire i 2.600 6 cilindri in linea (che tra l'altro aveva evidenziato problemi torsionali che ne pregiudicavano l'incremento prestazionale) e doveva essere più compatto del V8 con una cilindrata superiore ai 2 litri. Verificammo certe nostre ipotesi con un 4 cil. sperimentale che girò a Parigi in un centro di sviluppo della Bosch, che mise l'Alfa Romeo in condizione di compiere i primi esperimenti con l'iniezione elettronica. La distribuzione avveniva tramite un albero a camme in testa azionato da una cinghia posteriore che comandava direttamente le valvole di aspirazione e, attraverso una piccola punteria e un bicchierino, quelle di scarico. I positivi riscontri ci incoraggiarono a derivare da quello schema un 6 cilindri a V di 60° con cilindrata di 2.5 - 3 litri, che iniziò a "girare" al banco verso la fine del 1968". »
(Giuseppe Busso)

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Il motore nelle competizioni

La più raffinata e massima "evoluzione" (se così possiamo definirla in quanto evoluzione di un "concetto") del V6 progettato da Giuseppe Busso è senza dubbio costituita dall'unità montata sulla 155 V6 TI che ha vinto il Campionato DTM nel 1993 con Nicola Larini e che disputò anche l'ITC, Campionato Internazionale FIA Turismo, con le vetture nei colori Martini. Con la 155 DTM/ITC disputò alcune gare anche Giancarlo Fisichella. Alcuni degli altri piloti che hanno corso con la 155 DTM/ITC: Alessandro Nannini, Gabriele Tarquini, Stefano Modena, Christian Danner, Michael Bartels.

La 155 V6 TI, dotata di trazione integrale (coppia 33% ant. 67% post.) utilizzava un motore progettato dall'ingegner Giuseppe D'Agostino che manteneva l'interasse di serie (133 mm, unico vincolo previsto dal regolamento) e inizialmente anche l'angolo delle bancate a 60°, poi portato a 90°. Alesaggio 93 mm, corsa 61.3 mm. (con rapporto alesaggio/corsa quindi molto simile a quello di serie). Il basamento e le testate erano inediti, realizzate in alluminio microfuso con angolo valvole ancora più stretto di quello di serie. Unici legami con il motore di serie (imposti dal regolamento tecnico) erano l'angolo della V e la distanza d'interasse tra i cilindri identici a quelli di un propulsore prodotto in serie dalla casa automobilistica, tutto il resto poteva essere profondamente modificato. Ecco perché possiamo parlare di "massima evoluzione" del "V6 Busso", perché pur trattandosi di un motore progettato specificamente per le corse DTM (enorme libertà di preparazione) aveva come riferimento concettuale il motore V6 2.500 realizzato dal geniale progettista torinese.

Peraltro era stato interamente progettato e assemblato nella struttura "Alfa Corse", la quale sfruttava anche attrezzature e personale ex-Abarth, mentre il monoblocco e le testate venivano realizzate dalla Cosworth, su specifiche indicazioni dell'Alfa Romeo. I materiali e i manovellismi erano molto sofisticati, tanto che il peso era di soli 110 kg, con alleggerimenti stile F.1 e pistoni-bielle specifici "corsa" e un poderoso impianto di aspirazione. Il regime max. era di 11.500 (poi 12.000) giri. Dal 1993 fino alle prime corse della stagione 1996 venne utilizzato un motore V6 con angolo tra le bancate di 60°, rivisto profondamente ma comunque derivato dal V6 montato sulle Alfa Romeo di serie, disponeva inizialmente di ben 430 CV e 30 kgm a 9.000 giri arrivando a produrre fino a 470 CV e 31 kgm al massimo dello sviluppo a metà campionato ITC 1996, per un peso di 106 kg.
L'evoluzione del 2,5 litri Alfa Romeo da 490 CV con cilindri a V di 90°, schierata nella seconda parte del campionato ITC 1996, deriva invece dallo schema del motore V8 montato a suo tempo sulla Alfa Romeo Montreal opportunamente decapitato di una coppia di cilindri per essere conforme al regolamento che ammetteva solo motori V6.

La 155 V6 TI è tornata alla vittoria nel CIVM con La Vecchia (anni '90) e Pandolfi (campione italiano CIVM 2008) nel 2007-2008.

Il propulsore di Busso è stato utilizzato con successo anche nel Campionato Italiano Prototipi dove nella versione 3.000 24V (derivato dalla serie, 300 cv in CN4 e 380 in SR2) e 3.000 12V (derivato sempre dal 12V di serie) ha vinto moltissimi titoli assoluti e di classe (CN4, SR2, CN3).

La versione 3.2 delle 147 e 156 GTA (250 cv) e della GTV, SPIDER, GT e 166 (240 cv), pur essendo la più potente, è l'unica che non è mai stata utilizzata in gare automobilistiche ufficiali di una certa rilevanza.

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FINE 1° Parte
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Ultima modifica di J@ck156 : 13-11-2009 alle ore 10.58.53.
 


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