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ALFA ROMEO **I MODELLI** dal 1910 ai giorni nostri

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Vecchio 13-11-2009, 11.53.12
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Predefinito Alfa Romeo V6 - Il Busso

Fonte http://it.wikipedia.org/wiki/Alfa_Romeo_V6_Busso

Il V6 Alfa nasce dalla necessità di adottare un motore di cilindrata e potenza maggiore per la ammiraglia sostituta dell'Alfetta, dal nome in codice "progetto 119" in seguito denominata Alfa 6, e anche in seguito alla continua crescita dimensionale delle vetture, perciò a tale scopo era necessario il passaggio ad un motore con architettura a 6 cilindri. Tuttavia l'esperienza maturata dalla casa durante gli anni cinquanta con il motore in linea a sei cilindri, che causava dei problemi torsionali dell'albero a gomito che limitavano il potenziale prestazionale del motore, suggerì di studiare un'unità con i cilindri disposti a V tra l'altro più compatto e facilmente installabile in un vano motore senza dover ricorrere a lunghi sbalzi anteriori della vettura che, a parità di lunghezza del veicolo, si sarebbero tradotti in riduzione dell'abitabilità longitudinale della vettura.

La compattezza del motore ne rese possibile, successivamente, l'utilizzo in posizione trasversale a partire dall'Alfa Romeo 164 in poi, equipaggiando successivamente anche le versioni di punta della Lancia Thema e, con distribuzione 24v, della Lancia K.

Il progetto del motore ebbe un breve periodo di stop nel 1974 a causa della crisi petrolifera - energetica, dopo la crisi il progetto fu rilanciato anche dall'esigenza di produrre berline nella fascia tra i 2 e i 3 litri di cilindrata; da qui nacque l'Alfa 6 nel 1978.


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La prima versione del V6

Il motore dell'Alfa 6 era un 6 cilindri a V di 60° di 2492 cc con un alesaggio di 88mm e una corsa di 68,3mm. Come già fatto in precedenza da Alfa, questa cilindrata era da base di partenza per motori più grandi e, infatti, dopo alcuni anni il propulsore crebbe sino a 3 litri.

La soluzione di disporre i cilindri a V di 60° era una via di mezzo tra un 6 cilindri in linea ed un V6 di 90°, infatti il motore risultava più corto del primo e più stretto del secondo mentre l'altezza del propulsore era nella media. Inoltre l'albero a gomiti del V6 poteva contare su un numero di vibrazioni ridotte rispetto ad un 6 cilindri in linea e perciò poteva girare ad un numero di giri più elevato. L'albero a gomito poggiava su quattro supporti.

Ecco cosa ricorda di quel periodo il progettista del motore:

« "Il V6 nacque per sostituire i 2.600 6 cilindri in linea (che tra l'altro aveva evidenziato problemi torsionali che ne pregiudicavano l'incremento prestazionale) e doveva essere più compatto del V8 con una cilindrata superiore ai 2 litri. Verificammo certe nostre ipotesi con un 4 cil. sperimentale che girò a Parigi in un centro di sviluppo della Bosch, che mise l'Alfa Romeo in condizione di compiere i primi esperimenti con l'iniezione elettronica. La distribuzione avveniva tramite un albero a camme in testa azionato da una cinghia posteriore che comandava direttamente le valvole di aspirazione e, attraverso una piccola punteria e un bicchierino, quelle di scarico. I positivi riscontri ci incoraggiarono a derivare da quello schema un 6 cilindri a V di 60° con cilindrata di 2.5 - 3 litri, che iniziò a "girare" al banco verso la fine del 1968". »
(Giuseppe Busso)

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Il motore nelle competizioni

La più raffinata e massima "evoluzione" (se così possiamo definirla in quanto evoluzione di un "concetto") del V6 progettato da Giuseppe Busso è senza dubbio costituita dall'unità montata sulla 155 V6 TI che ha vinto il Campionato DTM nel 1993 con Nicola Larini e che disputò anche l'ITC, Campionato Internazionale FIA Turismo, con le vetture nei colori Martini. Con la 155 DTM/ITC disputò alcune gare anche Giancarlo Fisichella. Alcuni degli altri piloti che hanno corso con la 155 DTM/ITC: Alessandro Nannini, Gabriele Tarquini, Stefano Modena, Christian Danner, Michael Bartels.

La 155 V6 TI, dotata di trazione integrale (coppia 33% ant. 67% post.) utilizzava un motore progettato dall'ingegner Giuseppe D'Agostino che manteneva l'interasse di serie (133 mm, unico vincolo previsto dal regolamento) e inizialmente anche l'angolo delle bancate a 60°, poi portato a 90°. Alesaggio 93 mm, corsa 61.3 mm. (con rapporto alesaggio/corsa quindi molto simile a quello di serie). Il basamento e le testate erano inediti, realizzate in alluminio microfuso con angolo valvole ancora più stretto di quello di serie. Unici legami con il motore di serie (imposti dal regolamento tecnico) erano l'angolo della V e la distanza d'interasse tra i cilindri identici a quelli di un propulsore prodotto in serie dalla casa automobilistica, tutto il resto poteva essere profondamente modificato. Ecco perché possiamo parlare di "massima evoluzione" del "V6 Busso", perché pur trattandosi di un motore progettato specificamente per le corse DTM (enorme libertà di preparazione) aveva come riferimento concettuale il motore V6 2.500 realizzato dal geniale progettista torinese.

Peraltro era stato interamente progettato e assemblato nella struttura "Alfa Corse", la quale sfruttava anche attrezzature e personale ex-Abarth, mentre il monoblocco e le testate venivano realizzate dalla Cosworth, su specifiche indicazioni dell'Alfa Romeo. I materiali e i manovellismi erano molto sofisticati, tanto che il peso era di soli 110 kg, con alleggerimenti stile F.1 e pistoni-bielle specifici "corsa" e un poderoso impianto di aspirazione. Il regime max. era di 11.500 (poi 12.000) giri. Dal 1993 fino alle prime corse della stagione 1996 venne utilizzato un motore V6 con angolo tra le bancate di 60°, rivisto profondamente ma comunque derivato dal V6 montato sulle Alfa Romeo di serie, disponeva inizialmente di ben 430 CV e 30 kgm a 9.000 giri arrivando a produrre fino a 470 CV e 31 kgm al massimo dello sviluppo a metà campionato ITC 1996, per un peso di 106 kg.
L'evoluzione del 2,5 litri Alfa Romeo da 490 CV con cilindri a V di 90°, schierata nella seconda parte del campionato ITC 1996, deriva invece dallo schema del motore V8 montato a suo tempo sulla Alfa Romeo Montreal opportunamente decapitato di una coppia di cilindri per essere conforme al regolamento che ammetteva solo motori V6.

La 155 V6 TI è tornata alla vittoria nel CIVM con La Vecchia (anni '90) e Pandolfi (campione italiano CIVM 2008) nel 2007-2008.

Il propulsore di Busso è stato utilizzato con successo anche nel Campionato Italiano Prototipi dove nella versione 3.000 24V (derivato dalla serie, 300 cv in CN4 e 380 in SR2) e 3.000 12V (derivato sempre dal 12V di serie) ha vinto moltissimi titoli assoluti e di classe (CN4, SR2, CN3).

La versione 3.2 delle 147 e 156 GTA (250 cv) e della GTV, SPIDER, GT e 166 (240 cv), pur essendo la più potente, è l'unica che non è mai stata utilizzata in gare automobilistiche ufficiali di una certa rilevanza.

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FINE 1° Parte
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Ultima modifica di J@ck156 : 13-11-2009 alle ore 11.58.53.
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Vecchio 13-11-2009, 11.57.40
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Predefinito Alfa Romeo V6 Busso 2° Parte

2° Parte
Il V6 3,2 delle GTA

In seguito il medesimo motore venne montato sulla 156 e sulla 147 GTA e la versione depotenziata da 240 CV venne montata sulla GT e sulla GTV che (con il kit aerodinamico Cup) divenne l'Alfa stradale più veloce fino all'uscita della 8C.

Da notare come i 250 cavalli siano stati ottenuti con un semplice aumento della corsa senza adottare variatori di fase.

La Autodelta (UK) (che non ha niente a che vedere con la storica "scuderia Autodelta" della Casa) modifica i V6 Busso 3.2 aumentando l'alesaggio e portandolo a 3750 cc, alleggerendo i manovellismi e arrivando perfino a montare un compressore Rotrex. Il motore così preparato arriva ad erogare la potenza record di 420 cavalli a 7000 giri/min (sovralimentato) oppure 327 cavalli per la versione aspirata.

Nel dicembre 2005 è cessata la produzione del V6 Busso, forse a causa delle previste normative antinquinamento Euro 5 e successive. Fiat decise che aggiornarlo sarebbe stato troppo dispendioso e preferì sostituirlo con un V6 di origine GM. V'è da dire che un motore di questo tipo per una Casa che produce prevalentemente auto a quattro cilindri comporta costi di progettazione e industrializzazione molto onerosi date le necessità odierne. Questo è uno dei motivi per cui i componenti base dei motori come il basamento tendono ad essere realizzati in comune con altre aziende o almeno in modo da garantire una vita produttiva utile molto elevata.

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IL SUONO

Una caratteristica molto nota del V6 "Busso" e forse quella di più rilievo è sicuramente il suono. Dal 2,5 dell'Alfa 6 prima versione (a carburatori) all'ultimo 3,2 il V6 ha un suono molto riconoscibile: il 3,2 GTA ha un suono cupo, basso, corposo e ringhioso, il V6 Turbo "gorgoglia" al minimo e fischia forte vicino al limitatore, il 3,0 sembra quasi un V8 tanto è cupo e corposo e il 2,5 "ruggisce".
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La Fine

Questo motore, nell'evoluzione 3.2 destinata alle GTA, è stato l'ultimo componente realizzato nello storico Stabilimento Alfa Romeo di Arese dove tra l'altro la produzione di vetture Alfa Romeo venne interrotta nel 2000. Il 31 dicembre 2005, infatti, è stato sfornato l'ultimo motore V6 e, per ironia della sorte, il suo progettista Giuseppe Busso è deceduto pochi giorni dopo (3 gennaio 2006). Al termine della celebrazione funebre numerosi appassionati alfisti si sono ritrovati spontaneamente davanti al piazzale della chiesa mettendo in moto i loro sei cilindri come segno di estremo saluto al leggendario progettista.

Addirittura si era paventata la possibilità da parte della società Cosworth di rilevare le catene di montaggio del sei cilindri per continuarne la produzione ad Arese e venderlo a Case terze (si era vociferato di case asiatiche), ma anche di continuare le forniture a Fiat Auto. Cosa che quest'ultima ha rifiutato preferendo smantellare le linee di produzione e porre una pietra tombale sulle sorti del V6, che comunque nella sua ultima evoluzione (3.2 litri) era già conforme alle normative Euro 4.

L'ultima vettura motorizzata da questo motore è stata l'Alfa Romeo Sbarro Diva, un prototipo di coupé sportiva molto leggera (massa dichiarata: 1000 kg) e potente (290 CV dichiarati), realizzato in collaborazione con la carrozzeria di Franco Sbarro e presentato al Salone dell'automobile di Ginevra 2006.
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Bibliografia

Quattroruote, fascicolo #486, aprile 1996, articolo "Alfa Romeo 155 ITC" di Giuseppe Piazzi.
Quattroruote, fascicolo #493, novembre 1996, articolo "155 V6 TI - A 90° l'Alfa s'infiamma" di Giuseppe Piazzi.
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